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Post.it

La prima idea a cui ci rimanda il titolo di questo progetto è quella di essere in procinto di visionare immagini che ci raccontano il contemporaneo mondo virtuale che ci circonda.
Post.it al contrario, si compone di una serie di fotografie fatte di volti, di gesti, azioni che si svolgono tutte in alcuni uffici postali del sud Italia. L'autore ne è spettatore ma diviene al tempo stesso parte integrante della scena. La posta perde quasi forma, da struttura si trasforma in fenomeno sociale che, nell'epoca dell'informatizzazione, preserva la presenza di un gruppo di persone maggiormente costituito da pensionati, extra comunitari, operai, casalinghe, gente semplice che continua ad animare questi luoghi svolgendo normalissime operazioni quali il pagamento di una bolletta, il prelievo di una somma di denaro, l'invio di un telegramma, che sempre più spesso si è abituati a compiere comodamente da un computer o uno smartphone. La posta ci appare quasi come una scatola che custodisce l' autenticità di alcune abitudini che sembrano appartenere a tempi passati.

Laura Mascaro

“Attenzione – sembra dirci Giuseppe – non un “post.it” ma il nostro Poste Italiane, quell’Ufficio sotto casa che, nonostante i tentativi di apparire più veloce, tecnologico e moderno, è ancora (e, forse, per fortuna) l’Ufficio di sempre, ovvero quel luogo “necessario” per parlare con quel mondo che, oggi, ci appare virtuale ma, una volta, era, e più propriamente, solo “un mondo più lontano”. Per riconoscerlo e incontrarlo ancora, aspettiamo il momento della sua disponibilità ad accoglierci, ci mettiamo in fila, stiamo in ordinata attesa, adeguiamo la nostra scrittura alla sua modulistica, ci rendiamo simili con i nostri simili cercando con leggerezza l’uniformità, inganniamo il tempo dell’incontro eppur lo ritroviamo per pregare; pregare un dio mentre, intanto, “mammona” sembra fare la fila con noi; poi, passa l’attesa, cresce la noia del bambino; solo due innamorati hanno saputo trattenere il tempo. Questa è la sequenza fotografica, costruita con economia di mezzi e rispettando le unità aristoteliche di luogo, tempo e azione. E non c’è neppure il tempo lungo di un’epopea del quotidiano, quanto un cronologico inventario - preciso, attento, reale - delle persone incontrate, delle atmosfere condivise, delle sensazioni partecipate. Il bianco-nero sembra, allora, restituirci lo stile di una fotografia che appartenne ai nostri ieri; ma la ricercata sottolineatura di tanti segni e di tanti particolari, individuati con innocente ironia, ci consegna il ritratto concreto di un’umanità dove c’è posto per lo straniero, il bambino, l’anziano, l’invalido. L’autore, infatti, privilegia, per ogni fotogramma un’apparente casualità compositiva mascherando l’intelligente progettualità della storia raccontataci dietro la selezione discreta dei temi portati alla nostra attenzione; e c’è spazio, anche, per un commento, per un’annotazione, per una considerazione, per un sorriso, per una battuta di buon umore: proprio come in un “post.it”.

Pippo Pappalardo
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